sabato 27 febbraio 2010

Il telefono salva la vita. Poi muore un eroe.

Come muore un eroe? Come altri uomini. Con l'amarezza che naturalmente si impossessa di ogni smorfia del nostro corpo. Con la voglia di vivere frustrata e mortificata. Un eroe muore come altri uomini. Non calcola, non ha il sangue freddo, non riflette. Quando il pericolo di morte arriva ognuno di noi reagisce in preda al proprio istinto. E' così anche per i più esperti e freddi militari. Dove sta la differenza allora? Beh, molto semplicemente, nel diverso tipo di istinto. Un eroe istintivamente si preoccupa per gli altri. Ha un istinto di sopravvivenza mal configurato che lo porta ad un altruismo quasi innaturale. 
Così è morto ieri Pietro Colazzo, numero due dell'AISE in Afghanistan, mentre con ripetute telefonate permetteva alle forze di sicurezza locali di individuare e fermare il commando di talebani che aveva preso d'assalto un albergo situato nel pieno centro di Kabul e frequentato da molti stranieri. Almeno 4 persone sono state messe in salvo grazie alle indicazioni di Colazzo, che ben appostato dalla sua stanza d'albergo ha seguito con lo sguardo le manovre dei miliziani e guidato di conseguenza le operazioni della polizia afgana.
Finché i talebani sono riusciti a interrompere la sua comunicazione. Con il piombo.
Un agente segreto può morire in un paese in guerra. E' una cosa da mettere in conto. Ma si è trattato di una morte casuale? La mente non può non tornare indietro all'omicidio di Calipari... http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/05_Maggio/09/farkas_calipari_lozano.shtml
Succedono cose strane... in Afghanistan come in Iraq...